Il 90% delle informazioni trasmesse al nostro cervello è di natura visiva e le immagini vengono elaborate 60.000 volte più velocemente nel nostro cervello rispetto alle parole. Ogni giorno la nostra immagine influenza le persone che ci circondano sia che si tratti di vita privata sia professionale. L’immagine con cui ci si presenta è molto importante perché genera inevitabilmente e inconsciamente dei meccanismi cognitivi. E tutto questo avviene in soli 7 secondi…

In una negoziazione ogni dettaglio può far pendere l’ago della bilancia. “Dress to impress” cioè quando anche un outfit determina la sottile linea rossa tra il fallimento ed il successo di una negoziazione.

Pur non entrando nel merito del contenuto che desideriamo veicolare: lo poniamo al centro dell’attenzione. È assolutamente verificato che le strade che portano a centrare l’obiettivo, in un processo di negoziazione, passano tutte per la comunicazione. E l’immagine ne è necessariamente portavoce: il contenitore. I fattori di interesse sono molteplici e rispondono in prima istanza ad un’esigenza: rendere l’abbigliamento coerente con i propri obiettivi.

L’abbigliamento possiede un potere negoziale in sé. Scegliendo un outfit in modo coerente rispetto al messaggio e all’occasione, oltre che correttamente bilanciato con il nostro stile personale, direttamente o indirettamente, andrà ad influenzare l’efficacia della conversazione. Agendo in questo modo si andrà a contrastare uno degli schemi cognitivi di valutazione dell’essere umano più noto: il pregiudizio.

I parametri su cui si innesca l’inquadramento sono quattro: la coerenza, l’empatia, l’attrazione e il pregiudizio.

Il pregiudizio fa parte dei nostri schemi mentali inconsci. Si riconduce a un vissuto appreso e antecedente la conoscenza, per questo motivo è forse lo schema più “pericoloso”. Soprattutto nel contesto negoziale, perché rischia di incasellare, in modo quasi eterno, dato che è molto difficile mettere in discussione le piccole certezze a cui la nostra mente si aggrappa per semplificarsi la vita. Spesso senza aver in alcun modo fatto o approfondito la conoscenza…

Conoscere il modus operandi della nostra mente ci aiuta ad evitare di incappare o, peggio ancora, perpetrare il tranello. Agendo così in modo consapevole sia nella presentazione di sé stessi sia nella classificazione di chi abbiamo di fronte.

L’outfit è il nostro biglietto da visita: la componente più importante della famosa prima impressione. Sappiamo già per certo che una persona ben vestita viene percepita in modo positivo. Trasmette senso di pulizia, compostezza e credibilità. Semplicemente perché evoca immagini interiori legate a specifici valori che ognuno di noi ha dentro di sé.

Possiamo dire che l’outfit diventa una sorta di link immediato con il mondo interiore di chi osserva. Se l’immagine rievoca valori positivi l’associazione con le caratteristiche personali sarà positiva.

Veniamo al parametro della coerenza, e lo troviamo nella comunicazione non verbale. Se è vero che “non esiste una seconda occasione per fare una prima buona impressione” (O. Wilde) è altrettanto vero che il cervello tende a cercare conferme per gli incasellamenti in cui smista cose e persone. La ricerca di conferme tenderà a reperire segnali di coerenza o di incoerenza con quella prima impressione. E l’abbigliamento, nuovamente, si pone come sentinella delle percezioni dell’altro.

Nell’immagine del nostro interlocutore, così come nel nostro, se ci osserviamo dall’esterno, cercheremo le tracce di ciò che dice. Qualcosa che, in qualche modo, unisca i punti. Se troveremo corrispondenza il feedback sarà positivo e saremo ben predisposti nei confronti di quell’immagine. In caso contrario, di fronte a una discordanza tra immagine e contenuto, la nostra mente darà segnali negativi. Registrerà quindi di non potersi fidare di chi ha davanti.

Per soddisfare il parametro della coerenza l’abbigliamento dovrà essere allineato alla situazione, agli interlocutori, ai contenuti ed allo stile. Andresti mai, a 40 anni, ad un colloquio di lavoro, con jeans strappati e sneakers per parlare di massimi sistemi di fronte ad un esaminatore in giacca e cravatta o tailleur?

Il parametro dell’empatia è quello che ci pone nella condizione di fidarci o meno di chi abbiamo di fronte. Genera un allineamento o un disallineamento di stato. Tutta colpa dei “neuroni a specchio” che, riconoscendo nell’altro qualcosa di nostro, tendono a sentirlo familiare (Iconic Image). L’outfit che indossiamo, dunque, in quanto elemento non verbale della comunicazione, avrà il compito di creare allineamento tra gli stakeholder. Oppure mescolerà le carte complicando, spesso irreversibilmente, la situazione.

Conoscere il contesto può fornire un supporto per la scelta dell’abbigliamento in sede di negoziazione. Ma anche conoscere i valori attribuiti ai colori può essere di grande aiuto. I colori caldi, per esempio, normalmente associati all’euforia ma anche all’aggressività. Sono portatori di un mondo valoriale che mal si concilierebbe con un interlocutore dal carattere timido e introverso.

Diversamente i colori freddi tendono ad essere associati all’efficienza ed alla professionalità. Questa riflessione ci fa comprendere quanto, nel contesto negoziale, non sempre sarà possibile utilizzare i colori che maggiormente ci valorizzano. Infatti, questi potrebbero inficiare l’empatia con il nostro interlocutore.

L’ultimo parametro è quello dell’attrazione, il più empirico perché non segue specifiche “regole”. Lambisce la sfera delle credenze secondo cui, tendenzialmente, sarà attraente chi crede di esserlo. E, in un circolo perfetto, poiché l’uomo tende ad essere attratto da ciò di cui si fida, si fiderà di ciò che ai suoi occhi appare come attraente. Perché genererà tranquillità ma anche equilibrio ed armonia.

Questo sarà il parametro che si realizza con l’ausilio degli altri, veicolando una comunicazione non verbale, attraverso l’abbigliamento. A questo punto i contenuti troveranno terreno fertile per essere condivisi. Il messaggio, in sede negoziale, potrà essere percepito e assorbito in una logica win-win.

L’outfit ha un grande impatto nella relazione se lo consideriamo come elemento di comunicazione non verbale. Infatti, genera riferimenti positivi circa la percezione di noi stessi, influenzando i risultati delle nostre performance.

In parole povere quando indossiamo abiti tarati all’occasione ed all’interlocutore, sentendoci a nostro agio in quegli indumenti, tenderemo ad essere più performanti nella nostra comunicazione. Per realizzare un outfit che sia calibrato sarà importante raccogliere, ove possibile, informazioni circa il nostro uditore. Dovremmo considerare: età, sesso, competenze e ruolo e status sociale.

I fattori da tenere in considerazione per essere massimamente efficaci nel contesto negoziale sono molteplici e variegati. Come per la presentazione dei contenuti, anche la presentazione della propria persona merita preparazione, attenzione senza lasciare nulla al caso.

Mi chiamo Monica Michieli e sono Consulente di Immagine. Con il mio lavoro aiuto le persone a migliorare il loro aspetto, la loro autostima e il loro benessere attraverso l’utilizzo di tecniche come l’analisi del colore, del viso, della figura e dello stile. Lavoro come libera professionista con l’obiettivo di individuare l’immagine professionale e personale di chi sceglie di affidarsi a me. Se vuoi avere maggiori informazioni contattami al numero whatsapp 335.6799526 e sarò lieta di conoscerti e rispondere alle tue domande.

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